Alleanza delle Cooperative Italiane Turismo e Beni Culturali ha partecipato ieri all’Audizione in 7° Commissione Senato sul tema delle professioni nei Beni Culturali e il rapporto con il volontariato.
“E’ stata un’occasione importante di confronto sui temi oggi ancora più centrali: il lavoro e le professioni nei Beni Culturali - hanno spiegato Irene Bongiovanni, Giovanna Barni e Alessandro Manna -. Il lavoro nelle professioni culturali è scarsamente riconosciuto, bisogna assolutamente cambiare approccio nel nostro Paese. Le imprese culturali oggi sono di fronte a perdite di fatturato anche nell’ordine del 70%. C’è bisogno di far sopravvivere queste imprese oggi e di avere uno sguardo per il futuro che sia di riconoscimento effettivo delle professionalità, anche innovative, necessarie per questi settori. Ancora troppe volte siamo di fronte a gare d’appalto legate alla logica del massimo ribasso e a concessioni insostenibili, o comunque in cui il fattore del ‘risparmio’ viene posto come elemento principale di affidamento. Si tratta invece di creare un sistema virtuoso nel quale i beni culturali siano volano di sviluppo, di lavoro qualificato e giustamente retribuito, nel quale la gestione virtuosa di un luogo della cultura, o di una rete, sia considerata un investimento non un costo. Troppo spesso assistiamo poi a un abuso del volontariato nella gestione di beni culturali, di biblioteche, di archivi.... E’ indispensabile invece porre al centro il lavoro. In questo la cooperazione rappresenta una forma di impresa che può davvero essere una risposta al bisogno di autoimpiego e imprenditorialità in questo settore, anche per quello che attiene alla tutela dei lavoratori attraverso idonee forme contrattuali. Per far sopravvivere queste imprese è necessario oggi che alcuni passaggi essenziali vengano fatti, come la decontribuzione del lavoro per le imprese culturali per tutta la durata della crisi e anche il riconoscimento dei codici Ateco 91 per i ristori delle chiusure totali o parziali dei luoghi della cultura e, comunque, per l’ ingente limitazione delle attività che in essi si svolgono. Abbiamo chiesto invano che i decreti approvati nei mesi scorsi prevedessero la possibilità di rinegoziare i contratti in essere tra le imprese e gli enti per co-progettare una nuova sostenibilità e una riconfigurazione del servizio più vicina alle comunità, a tutela soprattutto dei nostri professionisti: resta un obiettivo fondamentale. Abbiamo soprattutto bisogno che le imprese culturali sopravvivano a questa emergenza per poter poi ripartire con nuovi modelli sostenibili di co-gestione del patrimonio culturale diffuso in Italia. Anche con un nuovo rapporto tra pubblico/privato ancora più necessario oggi e che noi stiamo sostenendo con la call Viviamo Cultura. Come sempre la cooperazione può essere un modello di innovazione sociale e la Cultura può essere un fattore di vero sviluppo e di occupazione stabile nel nostro Paese .”