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QUANDO IL TEATRO SIGNIFICA CRESCITA

QUANDO IL TEATRO SIGNIFICA CRESCITA Intervista a Fabio Scaramucci della cooperativa Ortoteatro di Pordenone

Categorie: Le nostre storie, Spettacolo Tags: Ortoteatro,   Teatro per ragazzi,   teatro per bambini,   teatro per famiglie,   laboratori,   burattini

L'esperienza di Ortoteatro nasce nel 1976, a opera di Carlo Pontesilli. Con il tempo è diventato un punto di riferimento per  l’attività rivolta all’infanzia e la gioventù. La recitazione qui viene messa a disposizione dei più giovani al fine di stimolarli verso la crescita. Abbiamo cercato di sapere qualcosa in più su questa cooperativa intervistando Fabio Scaramucci, attore e regista presso Ortoteatro.

 Perché Ortoteatro? Da dove deriva il nome?

Il nome deriva da due ragioni fondamentali: prima di tutto perché nell’orto si coltivano le primizie e per noi il teatro è come una primizia che va seguita e curata molto attentamente, e poi perché la parola ortos in latino significa giusto, bello, diritto, proprio come vogliamo che sia il nostro teatro.

Quando avete deciso di diventare una cooperativa e perché?

Siamo diventati ufficialmente una cooperativa circa dieci anni fa, ma di fatto lo eravamo già dalla nascita. Abbiamo aperto come associazione, ma siamo sempre stati tutti professionisti esperti nella recitazione.

Se dovesse indicare la cosa più bella dell’essere attore di teatro quale sarebbe? E la cosa più brutta?

Potrebbe sembrare banale, ma la cosa più bella è poter raccontare emozioni, fatti, sentimenti, tutto ciò che conta veramente per le persone, tramite un’azione che è solo apparentemente finta, ma che è quanto mai reale. Il rovescio della medaglia, forse,  è che il nostro lavoro non ti porta ad avere uno stipendio a sei zeri, tuttavia la passione per il proprio mestiere trovo sia più importante di tutto il resto. 

Qual è la grande differenza tra teatro e cinema?

La differenza è minima. A livello tecnico,  nella recitazione teatrale l’attore ha di fronte a sé un pubblico numeroso, mentre durante le riprese di un film è a contatto solamente con gli operatori di settore. A livello emotivo, invece, non ci sono pressoché differenze, sebbene per la realizzazione di un film la performance del personaggio sia dilungata su più giorni di registrazione e spesso tagliata, mentre per il teatro se ne interpreta la parte per intero.

La vostra cooperativa si occupa principalmente di lavorare con i ragazzi. Come si approcciano i giovani di oggi al teatro? Risulta difficile catturare il loro interesse?

I ragazzi di oggi non sono cambiati rispetto al passato. Ciò che li attrae verso il teatro è quella necessità di svago e calma che solo qui possono  trovare. La recitazione ha dei ritmi adatti a loro, più lenti e meno frenetici. In un mondo come quello attuale che viaggia alla velocità dei social network è difficile riuscire a trovare la tranquillità per crescere. Gli stessi genitori che si rivolgono a noi, purtroppo, a volte dimenticano di avere dei figli che a otto anni sono ancora dei bambini e non degli adulti. Non è difficile avere la loro attenzione, ma non è nemmeno facile: i ragazzi vogliono ridere, ma allo stesso tempo hanno bisogno di materiale stimolante ed interessante su cui sviluppare la loro intelligenza.

Qual è stato il momento migliore per la vostra cooperativa? E il peggiore?

Credo sia stato quando abbiamo acquisito il Centro Culturale Aldo Moro. Lì abbiamo trovato una casa vera e propria. In merito a quello peggiore, chiamatemi ottimista, ma direi che non ne abbiamo avuti molti, anzi siamo davvero soddisfatti di ciò che abbiamo portato a termine fino ad oggi.

Quali sono le caratteristiche principali  di cui deve disporre un attore?  

Deve prima di tutto studiare molto, imparare a utilizzare bene la voce, la gestualità del corpo, saper comunicare un’emozione. Inoltre l’attore è una figura sempre a contatto con il mondo che lo circonda, deve costantemente essere interessato a tutto.

Quale vostro spettacolo ha riscosso più successo fin’ora?

Senza dubbio direi “Senti che musica”, uno spettacolo cantato e raccontato usando come base i grandi cantautori italiani come De André, Guccini, Vecchioni. Abbiamo riscontrato un enorme successo tra il pubblico.

E invece lo spettacolo che personalmente hai amato di più?

“La nuvola  in pantaloni” di Vladimir Majakovskij. Si tratta di un monologo in poesia e musica diretto e interpretato da me con la musica di Remo Anzovino che mi è rimasto nel cuore.

Un obiettivo che vorreste raggiungere come cooperativa?

Riuscire ad essere riconosciuti dal Ministero delle Attività Culturali e dello Spettacolo. Sarebbe un grande passo per noi.

 

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